Introduzione al vol 9

 

I mesi che seguirono la fine del primo conflitto mondiale costituirono per Freud, come per tutti i viennesi, un periodo anche peggiore di quello bellico. Vienna cessava per sempre di essere la capitale di un vasto impero, luogo d'incontro di molte nazionalità e di molte correnti culturali, per divenire il sovraffollato centro di un piccolo paese dalle risorse limitate. Le vie di comunicazione con le vecchie province e con la Germania erano quasi completamente interrotte, mentre non si ristabilivano quelle col resto del mondo. E questo non soltanto per le distruzioni materiali, ma per i sovvertimenti politici che si stavano compiendo nei territori degli ex Imperi centrali, oltre che per la diffidenza e le restrizioni imposte dai vincitori ai paesi di lingua tedesca.

Freud si era molto appoggiato nell'ultimo periodo di guerra a quanto Ferenczi era riuscito a ottenere in Ungheria per la psicoanalisi e per le stesse condizioni materiali della sua famiglia. Tanto che egli, dopo il Congresso internazionale del settembre 1918, aveva pensato che Budapest, in luogo di Vienna, avrebbe potuto divenire il centro del movimento psicoanalitico internazionale. Ora la situazione era mutata. Ê bensì vero che a Budapest, in seguito alla rivoluzione, era stata istituita, su richiesta degli studenti, una cattedra universitaria di psicoanalisi per Ferenczi, e che la vistosa donazione di un paziente, divenuto fervido aderente della psicoanalisi, il dottor Anton von Freund di Budapest, sembrava dover assicurare al movimento psicoanalitico insperate possibilità materiali, sia per l'assistenza agli ammalati nervosi bisognosi di una cura psicoanalitica e privi di mezzi, che per la pubblicazione e la diffusione di opere scientifiche su temi psicoanalitici.

Ma la caduta del regime bolscevico in Ungheria nell'estate del 1919, e la galoppante progressiva svalutazione della moneta resero vani i sogni che erano stati costruiti nei mesi precedenti. Rimase, quale effetto della donazione di von Freund, la fondazione di una casa editrice, l'"Internationaler psychoanalytischer Verlag", che costituì uno strumento essenziale per l'affermarsi della psicoanalisi, ma che, sfumato l'originario capitale proveniente dalla donazione, dovette finanziarsi da sé come qualsiasi altra impresa editoriale.

Negli impoveriti paesi sorti sulle rovine degli imperi centrali, vennero a mancare i pazienti in grado di pagarsi una cura psicoanalitica, cosicché scemarono, fino ad annullarsi del tutto, le possibilità per Freud di lavorare professionalmente. A poco serviva a tal fine quel titolo di Professore ordinario nella Università di Vienna, che negatogli fino allora dall'Impero asburgico, gli fu invece conferito dalla Repubblica democratica nell'ottobre 1919. Freud riprese il suo lavoro professionale soltanto dopo che Jones riuscì a mandargli in cura a Vienna qualche ricco paziente americano.

Il mondo anglosassone aveva in quegli anni accolto la psicoanalisi con molto minori resistenze di quelle che si erano verificate nei paesi di lingua tedesca. E Freud progressivamente si persuase che le condizioni per uno sviluppo della psicoanalisi andavano ricercate soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti. All'"Internationaler psychoanalytischer Verlag", con sede a Lipsia, Zurigo e Vienna, che pubblicava le opere e le riviste tedesche, fu così collegata — soprattutto per l'iniziativa e l'attività di Ernest Jones — un'analoga impresa editoriale a Londra, la "International Psycho-Analytical Press", la quale pubblicò traduzioni dal tedesco e opere originali in lingua inglese.

La riduzione quantitativa del lavoro professionale nel 1919 e 1920 consentì a Freud di dedicarsi di più all'attività scientifica. Egli aveva passato all'inizio un periodo di depressione di fronte allo stato di generale sfacelo del mondo in cui aveva vissuto, e a Ferenczi aveva scritto il 6 gennaio 1919 di essere completamente bloccato scientificamente. Si sentiva anche tagliato fuori da tutto e da tutti. Con la sola eccezione di Otto Rank che rientrò presto a Vienna, coloro che erano stati i principali suoi collaboratori, i membri del "Comitato" e qualche altro intimo, stentarono molto a ritrovarsi con lui. Soltanto nell'estate del 1919 potè rivedere Eitingon e Abraham, e, nel settembre, Ferenczi e Jones, che dall'Inghilterra aveva fatto diversi tentativi per ottenere di recarsi a Vienna considerata tuttora dagli alleati capitale di paese nemico. Con Hanns Sachs, che era in Svizzera per curarsi da una forma tubercolare, Freud si incontrò soltanto durante il Congresso dell'Aia (settembre 1920), che segnò la ripresa del movimento psicoanalitico internazionale. In quel Congresso la presidenza della Associazione fu affidata a Ernest Jones. Intanto nel Comitato veniva cooptato Eitingon.

Nel 1919 Freud curò dapprima la pubblicazione dei lavori cui si era dedicato nei mesi precedenti. Uscirono così la relazione che Freud aveva letto al Congresso di Budapest su le Vie della terapia psicoanalitica, un suo articolo pubblicato in una rivista ungherese sopra il problema dell'insegnamento universitario della psicoanalisi (in relazione alla cattedra istituita a Budapest per Ferenczi), e la sua Introduzione a un volume collettivo su quelle nevrosi di guerra che erano state il tema centrale del Congresso di Budapest. Non fu pubblicata invece la relazione che egli presentò nel 1920 come perizia in occasione di un procedimento giudiziario contro gli eccessi e le crudeltà connesse al trattamento a base di scosse elettriche cui erano stati sottoposti i militari austriaci affetti da nevrosi di guerra. La relazione rimase inedita, e fu pubblicata dopo la morte di Freud.

Poche settimane dopo la lettera desolata a Ferenczi, Freud gli annunciò che aveva finito un articolo sul sadomasochismo, intitolato "Un bambino viene picchiato". L'articolo fu pubblicato nel corso dell'anno. Ma intanto l'impegno scientifico e produttivo di Freud si era risvegliato. Comunicò a Ferenczi di aver iniziato un lavoro anche più impegnativo, di cui forni presto pure il titolo: Al di là del principio di piacere. Freud impiegò molto tempo per scrivere questo libro, che fu completato soltanto nell'estate del 1920 e pubblicato nel dicembre dello stesso anno.

Si trattava di una revisione profonda della dottrina psicoanalitica delle pulsioni, quale era stata concepita fino allora. E per una tale revisione non sembrò più sufficiente l'appello all'esperienza clinica: bisognava addentrarsi in concetti generalissimi di ordine biologico e sfiorare punti di vista metafìsici.

Freud aveva seguito, nelle sue anteriori formulazioni sull'attività pulsionale, un processo che può apparire dialettico, di contrapposizione e successiva sintesi. Partito dalla dicotomia darwiniana, che distingue forze miranti alla conservazione dell'individuo e forze miranti alla conservazione della specie (fame e libido), aveva dato — per le esigenze della teoria delle nevrosi — uno sviluppo prevalente alla indagine sulle pulsioni libidiche, così da attirarsi l'accusa di "pan-sessualismo". Nel saggio sul narcisismo del 1914 aveva operato una sintesi. Un punto di vista economico lo aveva indotto a questo, giacché l'incremento della libido rivolta agli oggetti indebolisce la spinta pulsionale volta alla protezione dell'individuo, e viceversa. Si doveva perciò concepire un'unica libido, che poteva essere impegnata negli oggetti, come libido oggettuale, o ritirata sull'Io stesso del soggetto (libido narcisistica). Freud affrontò più tardi (ne L'Io e l'Es) alcuni quesiti riguardanti la libido narcisistica che non erano stati risolti. Ma si persuase intanto che restavano fuori dalla teoria alcuni fatti importanti. Non tutto è libido nella vita pulsionale. Vi è ad esempio una tendenza originaria alla ripetizione, che non si può spiegare con la dottrina della libido. Freud pensò allora che la tendenza alla ripetizione o "coazione a ripetere" dovesse essere connessa a un impulso verso l'annullamento della vita, a una spinta a ritornare allo stato che la materia ha avuto prima dell'apparire della vita stessa. Accanto all'Eros, pulsione di vita, agisce in ogni essere vivente anche una pulsione di morte.

Che Freud abbia dovuto superare molte perplessità per giungere a questa conclusione (che non tutti gli psicoanalisti hanno pienamente accettata) appare senz'altro comprensibile.

Mentre stava scrivendo Al di là del principio di piacere, Freud si trovò ripetutamente nella necessità di interrompere quel lavoro. Si dedicava durante queste pause ad altri problemi.

Cosi nella primavera del 1919 riesumò un suo vecchio manoscritto, dove aveva analizzato uno stato d'animo particolare, la impressione del perturbante; riscrisse il saggio e lo pubblicò l'anno stesso. Scrisse anche, a cavallo fra il 1919 e il 1920, una nuova storia clinica riguardante la psicogenesi di un caso di omosessualità femminile, che apparve nel marzo del 1920.

Nei primi mesi del 1920 Freud era stato colpito da due lutti, uno familiare, la morte della Eglia Sophie, l'altro riguardante il dottor Anton von Freund, a cui Freud era assai legato. Per von Freund scrisse un commosso necrologio. Il primo biografo di Freud, Fritz Wittels, mise in relazione le tesi di Al di là del principio di piacere sulle pulsioni di morte con lo stato d'animo di Freud dopo la scomparsa della figlia. Freud si indignò molto di queste illazioni, che si affannò a confutare, date alla mano.

Nell'estate del 1920, quando Al di là del principio di piacere era terminato, ma non ancora pubblicato, si tenne il Congresso dell'Aia, dove Freud presentò una relazione, Complementi alla teoria del sogno, di cui fu pubblicato soltanto un breve riassunto.

Fin dalla primavera del 1919, quando era impegnato con Al di là del principio di piacere e con gli altri scritti minori sopra indicati, Freud progettava una indagine sulla psicologia collettiva. Ne derivò un libro, Psicologia delle masse e analisi dell'Io, anch'esso composto attraverso esitazioni e ripensamenti, terminato nel febbraio 1921 e dato alle stampe nell'estate successiva. In quest'opera Freud, dopo aver esaminato dottrine altrui, intraprende una indagine sulla struttura libidica presentata dagli individui in quanto componenti una massa, un gruppo, una società, o una istituzione sociale. È indubbio che egli fu influenzato in questo libro dai fenomeni di psicologia collettiva resi più acuti ed evidenti durante la guerra e durante i sommovimenti politici e sociali che ad essa erano seguiti. Ma non questi Freud si era proposto di descrivere. La psicoanalisi è psicologia individuale; e quando prende in considerazione i fenomeni collettivi, il suo intento rimane quello di analizzare ciò che accade nella personalità del singolo. Se anche Freud, con la sua descrizione ad esempio dei rapporti fra il capo e i gregari, riesce ad anticipare, con paurosa esattezza, il quadro psicologico che pochi anni dopo diventerà tipico dei regimi dittatoriali europei, il suo scopo era diverso. A Freud interessava la condizione dell'individuo nell'orda primitiva, i fenomeni di identificazione e introiezione col capo, la formazione interiore di quello che egli chiamò essere superiore e ideale dell'Io, e che in seguito chiamerà più spesso Super-io: e cioè la interiorizzata istanza — con forti legami e derivazioni con la realtà pulsionale profonda (come Freud chiarirà di li a poco in L'Io e l'Es) che si erge nella personalità umana per contestare, limitare e trasformare le pulsioni della nostra natura primordiale.

Durante il 1921 non vi fu congresso, dato che i congressi si tenevano ad anni alterni. Ma i membri del "Comitato" si riunirono egualmente in settembre attorno a Freud; egli aveva passato i due mesi precedenti a Gastein, dove era stato in villeggiatura nel 1916 ed era, dal 1919 in poi, ritornato ogni estate. Con lui i colleghi fecero una escursione sui monti dello Harz. Freud espose allora vari lavori che aveva preparato a Ga stein col preciso proposito di comunicarli in quell'occasione.

Il primo è intitolato Psicoanalisi e telepatia. Freud era scettico verso tutto ciò che si comprende sotto l'ambiguo termine di "occultismo". Non escludeva invece la possibilità, in condizioni eccezionali, di una trasmissione extrasensoriale di qualche contenuto mentale, e portò alcuni esempi alla considerazione dei colleghi. A quanto dice Jones, i presenti accolsero in modo vario la comunicazione letta da Freud. Forse anche per questo, ma soprattutto perché le polemiche riguardanti questi oscuri fenomeni non interferissero sul destino della psicoanalisi, Freud non pubblicò la comunicazione allora, ed essa apparve postuma. Non volendo tuttavia abbandonare completamente l'argomento, alla fine di quell'anno preparò una conferenza su Sogno e telepatia, destinata alla Società psicoanalitica di Vienna; essa non venne tuttavia letta in quella sede, e il testo fu pubblicato nel primo numero di "Imago" del 1922.

Freud tenne ai colleghi altre due comunicazioni sui monti dello Harz: le Osservazioni sulla teoria e pratica della interpretazione dei sogni, che non era però una relazione scritta, bensì un discorso improvvisato. Solo nel luglio del 1922 Freud ne stese il testo che fu pubblicato nella "Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse". La terza comunicazione, anch'essa pubblicata sulla "Zeitschrift" nel 1922,  riguardava invece determinati processi, fra loro simili, che si possono mettere in rilievo in casi di gelosia ossessiva, di paranoia e di omosessualità; il suo titolo era Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità.

Durante la prima parte del 1922 Freud scrisse soltanto qualche prefazione e altre cose di minor conto. Ma già maturava l'idea che doveva venir sviluppata nella terza grande opera di questo periodo, L'Io e l'Es. Freud si accinse a scriverla nell'estate, passata pure a Gastein, e al Congresso di Berlino (settembre 1922), nella breve comunicazione intitolata Qualche parola sull'inconscio già ne annunciò l'imminente pubblicazione. L'Io e l'Es usci nell'aprile del 1923.

Dei tre libri di argomento teorico di questo periodo, L'Io e l'Es è il più impegnativo, e, collegandosi ai precedenti, completa la concezione della struttura dell'apparato psichico. Malgrado i numerosi approfondimenti del concetto di inconscio, apportati nel corso degli anni, rimanevano alcune ambiguità, in quanto lo stesso termine "inconscio" serviva a designare contemporaneamente un carattere di determinati contenuti mentali (quello di essere reali e operanti ma non presenti alla coscienza) e un aspetto della personalità umana che si contrappone all'Io razionale e cosciente. Distinguere questi due significati voleva dire introdurre nella rappresentazione dell'apparato psichico, accanto alla distinzione delle varie sue province (la coscienza, il preconscio e l'inconscio) quella di differenti istanze, le quali non coincidono con le province stesse. Giacché l'Io ad esempio, già considerato tutt'uno con la coscienza, si rivela anch'esso parzialmente inconscio.

In Psicologia delle masse e analisi dell'Io era già stato individuato l'ideale dell'Io, che d'ora innanzi verrà chiamato più spesso Super-io, come l'istanza che viene formandosi dall'Io per successive identificazioni a partire da quella con l'autorità parentale. Ma l'Io appare a sua volta il prodotto di una differenziazione da una entità psichica primitiva, poco differenziata, essenzialmente inconscia, comprendente le pulsioni originarie, non legate e scoordinate. L'Io si formerebbe alla superficie di questa entità, al contatto con la realtà esterna agente sul sistema percettivo, per l'esigenza di un adattamento alle condizioni poste dalla stessa realtà per la sopravvivenza. Nell'Io la persona si riconosce. Ciò che è anteriore all'Io, da cui l'Io nel modo veduto deriva, e che continua a premere sull'Io, ha invece carattere impersonale. Ad esso ben si adatta — come aveva osservato Groddeck nella sua opera Das Buch vom Es (Il libro dell'Es) — il pronome neutro di terza persona Es, che nella lingua tedesca è il soggetto dei verbi impersonali, e cioè il soggetto di ciò che non ha soggetto. Infatti l'attività pulsionaJe, nella persona umana, non è gestita — anche quando in qualche misura può esserne dominata — dall'Io in cui la persona si riconosce, ma all'interno della persona si vive per così dire autonomamente da sé.

Le province non collimano con le istanze. Mentre le prime rendono conto di una descrizione topica dell'attività psichica, l'individuazione delle differenti istanze consente l'interpretazione dei rapporti dinamici e del carattere conflittuale della vita psichica.

In una breve nota su Nevrosi e psicosi, scritta nel 1923 e pubblicata nel 1924 (anno in cui Freud tornò sullo stesso tema in La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi) questo nuovo modo di descrivere i conflitti psichici verrà applicato anche al vecchio problema dei differenti meccanismi agenti nelle varie forme di patologia psichica.

Nell'estate del 1922 Freud aveva anche composto, per un'opera collettiva a orientamento psicoanalitico, il Dizionario di sessuologia (Handwörterbuch der Sexualwissenschaft) curato da Max Marcuse, due voci: Psicoanalisi e Teoria della libido. Queste voci non riflettono ancora la nuova concezione strutturale della personalità psichica che pure Freud era venuto elaborando in quei mesi; tale concezione si trova invece riassunta e schematizzata in un'operetta divulgativa (il Breve compendio di psicoanalisi) che Freud scriverà nell'autunno del 1923 per incarico degli editori americani della Encyclopaedia Britannica.

Oltre a scritti minori, appartengono al periodo a cavallo fra il 1922 e il 1923, altri due lavori: uno riguarda l'analisi clinica, condotta secondo le regole dell'interpretazione psicoanalitica, della storia di un infelice pittore posseduto dal diavolo, narrata in certe antiche carte provenienti dal celebre Santuario di Mariazell in Carinzia; Freud la chiamò Una nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo. L'altro, L'organizzazione genitale infantile, integra la teoria delle fasi di sviluppo della sessualità infantile, con la determinazione di una fase fallica anteriore alla fase propriamente genitale.

L'interesse per la psicoanalisi nel mondo ebbe un forte incremento in questi anni. A Berlino, fondato nel 1920 da Max Eitingon, funzionò un Istituto di psicoanalisi, che aveva la doppia funzione di ambulatorio per ammalati che si sottoponevano a trattamento psicoanalitico e di organismo di formazione di nuovi psicoanalisti. Gli Istituti che in seguito furono creati dalle Società di psicoanalisi dei vari paesi si modellarono sull'esempio di quello di Berlino. Eitingon pubblicò nel 1923 un rapporto sull'attività dell'Istituto nel primo biennio, e Freud scrisse una breve prefazione a questo rapporto. Anche a Vienna era stato ventilato, fin dal 1921 il progetto di fondare un'istituzione analoga. Freud non era però per il momento favorevole, e quando, dopo molte difficoltà, dovute all'opposizione della psichiatria ufficiale, fu aperta a Vienna nel maggio 1922 una clinica psicoanalitica, col nome di Ambulatorium, diretta da Hitschmann, Freud si mantenne estraneo all'iniziativa.

I danni provocati dall'abbandono del movimento da parte di Adler e Stekel e dei loro seguaci, nonché dal successivo scisma di Jung e degli Svizzeri, furono in questi anni riassorbiti. In Svizzera fu organizzata una nuova Società psicoanalitica, aderente all'Associazione internazionale, e al Congresso di Berlino del 1922 parteciparono 256 studiosi di vari paesi, di cui 112 membri della stessa Associazione internazionale.

Tuttavia, anche se non apparvero per il momento nuove minacce di rottura, non mancarono in questi anni gravi difficoltà dovute a malintesi e gelosie fra gli stessi componenti del "Comitato". Freud cercò sempre di dissipare gli equivoci e di smorzare le altrui aggressività, mantenendosi per quanto era possibile estraneo ai contrasti.

Nel 1923 doveva abbattersi su Freud il male tremendo che lo afflisse per tutto il resto della vita, e contro il quale, per continuare a lavorare e a produrre scientificamente, dovette lottare con ogni risorsa del suo spirito.

Fin dal febbraio aveva avvertito sulla guancia destra e sul palato qualche cosa di fastidioso e anormale, che fu da lui stesso diagnosticato una leucoplachia. Se la fece togliere il 20 aprile da un rinomato rinologo suo amico, Markus Hajek, e questo fu il primo dei trentatré interventi subiti da Freud nel corso dei successivi sedici anni.

La proliferazione si rivelò cancerosa, ma a Freud (e a tutti) fu tenuto celato l'esito dell'esame istologico.

Nell'estate si recò come negli anni precedenti a Gastein, trasferendosi poi, il 1° agosto, con l'intera famiglia, a Lavarone, all'Hotel du Lac, dove fin dal principio del secolo i Freud erano frequentemente ritornati, e dove nel 1906 egli aveva scritto il saggio sulla Gradiva.

Era tuttavia preoccupato. Aveva promesso alla figlia Anna un viaggio a Roma per settembre, e scrisse a Felix Deutsch di venire a Lavarone a visitarlo, per sapere se poteva fare questo viaggio a cui teneva moltissimo, o se doveva rientrare a Vienna per curarsi.

Deutsch, in occasione di un incontro privato aveva esaminato la bocca di Freud fin dall'aprile, prima ancora dell'intervento di Hajek, e aveva riconosciuto fin da allora il cancro. Aveva taciuto per il timore che Freud si togliesse la vita. Giunto ora a Lavarone trovò che il processo canceroso aveva assai progredito, per cui era necessario un intervento massiccio. Tacque ancora con Freud, ma fece capire la gravità del male ad Anna.

Con essa si recò a San Cristoforo, sul lago di Caldonazzo, a poco più di venti chilometri da Lavarone, dove si trovavano i membri del "Comitato": Abraham, Eitingon, Ferenczi, Rank, Sachs e Jones. Riunitisi il 26 agosto a Castel Toblino, fra Riva del Garda e Trento, per una delle solite riunioni, essi avevano infatti proseguito per San Cristoforo, allo scopo appunto di essere più vicini a Freud e potergli far visita.

Deutsch espose la situazione ai presenti che rimasero costernati. Fu discusso su come indurre Freud a sottoporsi al grave intervento che lo avrebbe fortemente menomato, poiché si temeva che egli si sarebbe rifiutato. Ci fu anche un certo disorientamento, e Rank ebbe una specie di crisi isterica. Alla fine si convenne di non dir nulla a Freud, di lasciare che con Anna facesse il viaggio progettato a Roma, predisponendo intanto ogni cosa per l'operazione da eseguire subito dopo il rientro a Vienna.

Nella notte Anna e Deutsch risalirono a Lavarone, dove due giorni dopo pure gli altri fecero visita a Freud.

Quando molti anni dopo, a Londra, Freud seppe da Jones che a sua insaputa si era allora discusso sul suo destino, si indignò molto ed esclamò: Mit welchem Recht? (Con quale diritto?).

Il viaggio a Roma fu assai piacevole. Era l'ultimo viaggio del genere che Freud riusci a fare. Rientrò a Vienna alla fine di settembre e subi una operazione radicale in due tempi nei primi giorni di ottobre. Da allora non potè più parlare in pubblico, ebbe anche (per la parola) qualche difficoltà nel lavoro professionale, si alimentò a fatica, e soprattutto rimase prigioniero dei medici che lo avevano in cura.

Freud riusci tuttavia a crearsi una sorta di distacco dal proprio male e dalle sofferenze fisiche, per cui nella pur vasta produzione scientifica degli anni successivi è raramente fatto cenno alle condizioni in cui ormai si svolgeva la sua vita.